
30 Ottobre 2018
Ore 11 del mattino
Questa storia inizia con la pioggia. Una rumorosa ed incessante pioggia. La sala principale dell'ostello era piena di ragazzi seduti ai tavoli a chiacchierare o sul divano col cellulare in mano, in attesa che spiovesse e si potesse infine uscire ad esplorare la città.
30 Ottobre 2018
Ore 11 del mattino
Questa storia inizia con la pioggia. Una rumorosa ed incessante pioggia.
Barcellona non era né simile né molto differente da alcune zone di Italia, ma pur essendo arrivate da un giorno e non avendo visitato praticamente quasi niente, io e Veronica avevamo potuto notare, contro ad ogni immaginazione, che la città mostrava il fascino autunnale tipico di quei pomeriggi grigi e annacquati dei ritratti impressionistici.
La sala principale dell'ostello era piena di ragazzi seduti ai tavoli a chiacchierare o sul divano col cellulare in mano, in attesa che spiovesse e che potesse infine uscire ad esplorare la città. Io me ne stavo seduta ad uno dei tavoli con Veronica, la mia amica e compagna di viaggio, impegnata con le foto del suo cellulare.
 
							Dietro di noi, a poca distanza attorno ad un altro tavolo, un gruppo di ragazzi di varia provenienza etnica stava chiacchierando e scherzando in Spagnolo di qualcosa che non capivo. Fra una discussione e l'altra si passavano di mano una tazza di mate, riconoscibile dal fatto che dalla tazza sporgeva una bombilla e che fumava ancora come appena preparato. Curiosa di avere qualche informazione in più su quella bevanda, avevo voltato non solo le spalle, ma anche la mia sedia, per osservarli meglio.
Per chi non lo sapesse il mate è una bevanda stimolante tipica di alcune zone del latino America che si prepara con acqua caldissima da versare sopra delle foglie di una pianta, chiamata appunto "Mate". Si sorseggia con una "bombilla", ossia una cannuccia di acciaio con dei fori all'estremità che hanno la funzione di filtro e permettono di bere direttamente in tazza l'infuso di questa erba senza doverla filtrare. Gli argentini in special modo ne fanno uso e abuso, ed infatti capii poco dopo che il ragazzo proprietario di tutto l'armamentario doveva essere di certo argentino. Non molti in Italia sconoscono il mate, mentre io, che sono stata sempre molto curiosa di conoscere e sperimentare usi e costumi di altre culture, avevo già provato a sdoganarlo, senza successo tuttavia, fra gli amici e i colleghi di università, preparandolo a casa già parecchi anni fa.
Dopo due ore ancora niente da fare, la pioggia non accennava a diminuire e all'ostello l'impressione generale fu quella di essere tornati ai tempi della scuola, quando nei giorni di maltempo si aspettavano i genitori per essere riportati a casa. Le luci bianche dei neon a tetto illuminavano l'ampia sala principale e la pioggia che batteva su un enorme lucernario sulle nostre teste, poco più indietro vicino alle scale che portavano ai dormitori, faceva da sottofondo musicale, insieme al chiacchiericcio mattutino degli ospiti dell'ostello. Mi ritrovai seriamente a pensare che davvero tutto faceva da scenario ideale per un tuffo nel passato ai tempi della scuola. Proprio come quando durante le ore di supplenza la noia e la felicità per la scampata interrogazione animavano gli animi e le risate. Pioveva, ma erano tutti molto allegri. E del resto anch'io avevo motivo di essere contente, anche se non lo sapevo ancora. Iniziai a sentire dentro di me che quello che sembrava uno spiacevole inconveniente si stava rivelando una interessante opportunità.
A confermare la mia sensazione, a pochi metri da me, c'era un bel ragazzo moro con gli occhi neri, che ogni tanto mi lanciava qualche sguardo sfuggente.
Da parte mia c'era il desiderio di fare amicizia e la voglia di fare domande al ragazzo argentino sul mate, ma soprattutto desideravo trovare in qualche modo la strada per poter conoscere quel ragazzo.
Che bel sorriso che aveva! Bello come quello che il giorno precedente mi aveva rivolto a colazione.
E adesso lui si trovava proprio lì, seduto di fronte a me nel gruppetto dei ragazzi. Volevo prendere parola nella conversazione ma non mi sentivo perfettamente a mio agio nell'esordire con il mio Spagnolo ancora poco praticato. Oltretutto ogni eventuale sostegno da parte di Veronica era escludibile a priori, in quanto lei parlava solo italiano; perciò decisi di lanciarmi: presi la rincorsa, contai più volte fino a cinque e più o meno intorno a venti la mia bocca si aprì con una domanda, sotto gli occhi puntati di tutti. Chiesi riguardo una curiosità che avevo sul mate e trattenni l'imbarazzo, cosa abbastanza difficile sul momento dato che da subito potei leggere nelle loro menti come in sottotitolo le parole " ma allora parla Spagnolo!“.
Il gioco era fatto, avevo sbloccato un livello. Il passo successivo, fra una domanda e l'altra che mi fecero, fu avvicinare la sedia al gruppo sotto loro invito e coinvolgere anche Veronica nella discussione.
Dopo pochi minuti la mia lingua aveva avuto la peggio: mi avevano passato il mate e avevo bevuto dalla bombilla quello che sul momento mi era sembrato estratto di lava vulcanica appena uscita dal cratere. Inesorabilmente avevo espresso con ogni muscolo del corpo la mia contrizione per aver decimato un intero plotone di papille gustative. Fra le risate suscitate e le presentazioni, io e Veronica avevamo ufficialmente rotto il ghiaccio! Ed io, che in particolar modo del ghiaccio sulla lingua avrei proprio avuto bisogno, avevo confermato l'attenzione del ragazzo misterioso e avevamo iniziato a scambiarci qualche informazione.
Non potrò mai dimenticare il momento in cui pronunciò il suo nome durante le presentazioni generali, quanto il fatto che nei momenti successivi alla chiacchierata di gruppo, lo notai molto attento a me. Mi sorrideva spesso e mi colpì moltissimo la sua spontaneità.
Dopo tempo tutti si spostarono e io rimasi a conversare insieme a lui.
Non ci volle molto a ritrovarmi poi, un argomento dopo l'altro, con le mie gambe accanto alle sue a guardare insieme la mappa di Barcellona.
Eravamo seduti al tavolo e lui era serenamente sorridente e a suo agio.
Come a volte succede in certe circostanze, anche se raramente credo possa accadere, io avevo già davanti a me un quadro del futuro che non so né come ne parchè, mi fece pensare che quel momento né io né lui ce lo saremmo mai dimenticato. Esattamente come se un giorno ci saremmo potuti trovare a commentarlo come qualcosa di "nostro", come un soffio di vento ancor prima che arrivi la tempesta. E a proposito di tempesta, aveva appena smesso di piovere.
Durante i giorni successivi ciascuno ha continuato le sue esplorazioni della città e non siamo riusciti facilmente ad incontrarci all'ostello, né a colazione né il pomeriggio.
 
							Io e Juan ci eravamo scambiati il numero di telefono e posso dire, oltre al fatto che i suoi messaggi vocali sono rimasti incomprensibili per mesi per via dell'accento tipico del suo paese, che la cosa si è rivelata molto utile. Oltre a scambiarci informazioni sulle attrazioni turistiche di Barcellona, già che non eravamo più riusciti ad incontrarci, ci eravamo anche comunicati che per ricevere un piatto di riso nero, per la cena di Halloween all'ostello, il dress code sarebbe stato "arrivare mascherati".
 
							Vi potete immaginare la scena la sera di Halloween all'ora di cena?
C'erano maschere di tutti i tipi ed io e Veronica avevamo le più brutte, comprate da un cinese all’uscita da una stazione della metropolitana. Io l'urlo di Munch, lei il mostro di Saw. Accoppiata vincente! Il riso invece, alla prima masticata, faceva molto effetto gomma per cancellare!
Ma le cose andarono meglio quando finita la cena io e Veronica riuscimmo ad avere la possibilità di avvicinarci agli altri, scambiarci contatti Instagram e andare a bere un boccale di birra al pub dell'ostello, giusto uscendo sulla destra.
 
							 
							Juan era mascherato da Juan! Si era messo addosso solo il suo sorriso brillante che non esitava a sfoderare ogni volta che mi rivolgeva la parola.
"Tornerai di nuovo in Spagna?" mi chiese a bruciapelo proprio mentre mi stavano passando un bel boccale di birra dal bancone. "Non credo", dissi. In quel momento, già che stavamo tutti accalcati venni distratta e non potei continuare la conversazione. "Perché me lo chiedi?", avrei chiesto, "se mi dai una buona motivazione..." avrei continuato. Ma non fu così. Dopo pochissimo arrivò la ragazza con la quale io e Veronica ci eravamo messe d'accordo per il tour in un paio di locali del centro e vuoi una cosa, vuoi un'altra... io e Juan ci perdemmo di vista.
 
							La nostra prima foto insime (all'interno del pub)
L'indomani sera, passate le 22:00, dopo aver attraversato la città per lungo e largo, io e Veronica stavamo ancora girando in tondo, a piedi e sotto la pioggia, per ritrovare il ristorante cinese dove avevamo mangiato qualche sera prima. Ci era piaciuto tantissimo e volevamo tornarci. Per la voglia di trovarlo eravamo state disposte a tentare la fortuna ripercorrendo per la bellezza di un'ora e mezza sempre lo stesso percorso, da piazza Tetouan per tutti i vicoli limitrofi. Fu l'avventura più caparbia che affrontammo. Dopo aver constatato che senza l'indirizzo scritto sullo scontrino della volta precedente non ci sarebbe stata soluzione alcuna di orientarci, lì dove chiunque avrebbe ceduto, noi imperterrite continuammo a camminare e a sperare di arrivare a questa mecca del cibo e poter finalmente placare l'acquolina in bocca. "Mannaggia che ho buttato lo scontrino", si ripeteva Veronica, mentre io cercavo di camminare sforzandomi di mantenere l'ombrello al centro fra noi due.
 
							Alla fine, ossia ricordiamo, dopo un'ora e mezza di giri in tondo, abbiamo ripiegato su due confezioni di noodles in bicchiere di plastica presi al volo in un negozio di alimentari cinese aperto tutta la notte.
Dopo esserceli preparati alla penombra della cucina dell'ostello, una volta tornate in stanza Veronica mi guardò tirando fuori dalla tasca un fogliettino bianco. Restò a guardami con un'espressione da cane bastonato ed infine mi disse: "Adesso tu m' ammazzi".
Lo scontrino non l'aveva buttato, era stato sempre insieme a noi, comodamente seduto nella tasta del suo giubbotto, a ridersela di noi.
Non ho ammazzato Veronica solo perché il mio interesse appena giunta in stanza andò a Juan. Gli scrissi un messaggio ma non mi rispose. Considerato il fatto che il giorno seguente sarei partita avevo voglia di salutarlo e chiacchierare un po’ davanti ad una tisana. Lo chiamai e la sua voce confermò la mia idea del suo essersi addormentato.
Dopo aver chiuso la telefonata, restammo a scriverci in chat per un bel pezzo, finché finalmente ci incontrammo nella sala principale.
Restammo a chiacchierare nella penombra della sala comune, seduti lato muro sulla panca di un tavolo lunghissimo, cercando di capirci nonostante i nostri accenti, le parole mancanti e gli argomenti più disparati. Parlando ci ipnotizzammo a vicenda e dopo qualche ora, magicamente, finimmo di usare le parole. Fino alle 6 del mattino restammo a comunicare con sguardi e baci che, una volta salutati, restarono per entrambi appiccicati sul dubbio se quella notte sarebbe stata solo un piacevole ricordo o l'inizio di un qualcosa di più grande che, chissà, ci avrebbe portato molto più lontano che ad una vacanza spagnola.
Fatto sta che alle 19 dello stesso giorno, data ormai l'ora, io sarei partita.
Andammo a dormire giusto qualche ora e ci svegliammo intorno alle 11.
Veronica in preda alla sua frenesia da ultimi spari prima della partenza, decise di mollarmi con Juan per andare a visitare i mercatini di Natale, mentre io e lui andammo al supermercato a comprare il necessario per un piatto di pasta alla Carbonara.
La prima Carbonara di Juan
Stare insieme a lui non mi faceva pensare al fatto che da lì a qualche ora sarei partita e tutto sarebbe finito lì. Vivevo ogni momento come un lungo infinito presente. Mi risulta ancora molto strano spiegare come si possano vivere momenti di una tale complicità senza sentire affiorare la tristezza nel considerare che da lì a poco tutto sarebbe finito.
Durante il pranzo Juan mi disse che aveva deciso di spostarsi a Madrid per tentare di restare in Spagna cercando lavoro nella capitale. Sarebbe partito lasciando Barcellona il giorno seguente. Fui io stessa a comprare il suo biglietto online con la app del mio cellulare per evitargli ore di strada fino all'aeroporto, anche se dopo alcune ore fu lui stesso ad accompagnarmici. Ci incontrammo con Veronica e prendemmo tutti e tre il bus per l'aeroporto, che ci lasciò davanti al terminal 1.
Arrivammo con poco anticipo e Juan ci salutò di fretta per lasciarci andare al controllo bagagli. Fu un saluto davvero molto veloce per poterlo considerare un addio, e chissà per quale motivo oltretutto, nonostante le circostanze parlassero chiaro, non lo sentivamo tale.
Io stavo terminando la mia vacanza con Veronica, e stavo per iniziare la mia nuova vita a Malta. Lui aveva un biglietto di rientro per la Colombia da lì ad una decina di giorni, anche se io credevo si fermasse per più tempo, o forse aveva voluto farmelo credere lui. Ma, in ogni caso, come avremmo mai potuto conciliare la "cosa"?
Non ebbi il tempo di fare queste riflessioni perché da un momento all'altro io e Veronica ci guardammo con un punto interrogativo stampato in fronte subito dopo aver realizzato la dura realtà: Avevamo sbagliato terminal, e quello giusto era a mezz'ora di strada con il bus navetta dell'aeroporto. Oddiiiiioooo!
Ma quanto poteva essere grande e confusionario quell'aeroporto???
Iniziò la nostra corsa contro il tempo e verso il gate del terminal 2 (che giusto giusto era quello a mezz'ora di strada con il bus navetta dell'aeroporto) sperando di trovare il volo ancora in fase di imbarco.
Una volta arrivate l'aereo l'abbiamo visto, ma in pista e con i motori accesi che girava per fare manovra mentre noi sfinite dalla corsa, praticamente con le mani appoggiate alle vetrate dell'aeroporto, lo guardavamo prendere il volo con gli occhi da bambine che, dopo le vacanze estive, si separano dal luogo di vacanza salutandolo dal finestrino posteriore dell'auto.
Fatto sta che noi eravamo ancora lì e sembrava proprio che tutto dovesse andare esattamente così. Sul momento ci prese un po’ male, ma a rifletterci bene, la cosa non ci dispiacque affatto. Soprattutto quando ci siamo rese conto che avremmo potuto prolungare la vacanza spostandoci a Madrid, dal quale aeroporto sarebbe stato più conveniente partire dopo 3 giorni per ritornare a Catania, ad un prezzo molto più basso di quello che avremmo dovuto pagare per partire il giorno seguente da Barcellona. Compreso di ostello!
 
							 
							 
							 
							Quella notte dormimmo sul telo da doccia bianco che avevo comprato in viaggio, come su un vero letto matrimoniale. Non chiedetevi perché compro cose del genere all'estero perché questa è un'altra storia. Riuscite ad immaginarvi la scena al risveglio quando iniziarono ad arrivare file di persone pronte per il check-in e noi eravamo ancora lì sdraiate coi capelli scomposti se non praticamente tutto scomposto?
Ma al risveglio, contrariamente ad ogni previsione, ci siamo trovate ad una fine avventura che sembrava proprio l'inizio di un'altra.
Dato che Juan sarebbe partito proprio quel giorno, organizzammo l'appuntamento con lui all'aeroporto di Barcellona e successivamente e quello di Madrid, dato che il suo volo sarebbe atterrato un'ora dopo.
L'avventura Madrillena fu indimenticabile!
Una volta giunti a Sol, il centro della città, ce ne innamorammo. Ogni angolo del centro trasmetteva storia e arte.
Avevamo prenotato un bilocale prima e un ostello dopo, per tre giorni. Abbiamo visitato la città tutti e tre sempre assieme e siamo stati in una tale armonia e pace che a quel punto nemmeno Veronica voleva più rientrare a casa.
Potendo passare ancora più tempo con Juan abbiamo iniziato a sentire la nostra sintonia ancora più chiaramente, al punto che non c'è stato un momento in cui ci siamo chiesti cosa stava succedendo e che cosa volessimo farne del nostro rapporto, relazione, conoscenza... come la dovevamo chiamare?
Però era tutto molto chiaro, senza doverne parlare per capirlo, sapevamo che stavamo assieme, a scapito del presumibile poco tempo a disposizione, della presunta distanza e delle variazioni sul tema lingua straniera.
Gli spazi ampli, i palazzi monumentali, le statue e i negozi della Gran Via fecero da cornice a tutto il periodo della nostra permanenza.
Il giorno del volo, forti della lezione appresa all'aeroporto di Barcellona, eravamo arrivate con ultra abbondante anticipo e ci eravamo incolonnate per prime nella fila per il controllo dei documenti. Appena si aprì il volo ci fecimo avanti quanto basta per farci chiedere "Los documentos, por favor".
Documentos? Ma quale documentos! Cercai nelle tasche, dentro la valigia, nella borsa e persino dentro la maschera di Much, ma del mio borsellino coi documenti non c'era traccia.
Dopo che nel frattempo tutti i viaggiatori erano saliti sul volo ci fu annunciato che io non potevo partire e che al massimo ci avrebbero regalato soltanto un biglietto per partire entrambe un altro giorno. Grazie Ryanair! Gli atterraggi non sono un granché, ma almeno questo è finito sul morbido.
Beh, questo gentile regalo, un biglietto di circa 200 euro, ci permise di restare ancora altri 2 giorni con la sola spesa totale di 60 euro per l'altro biglietto che noi stesse, la notte prima, avevamo controllato per curiosità e che restava come unico posto disponibile a quel prezzo.
Più che curiosità, c'è da dire che speravamo di poter prolungare la vacanza ancora di qualche giorno a patto di trovare un prezzo accessibile.
E quel biglietto da 200€ circa fu proprio il motivo per il quale ci siamo dette "No, ci costa troppo, pazienza! Non ci conviene restare oltre".
Ricapitoliamo quindi la situazione all'ordine del giorno 6 Novembre 2018:
Due ragazze incredule che vedevano l'aereo partire e restavano ancora una volta a terra a cercare di capacitarsi di quanto avvenuto.
I miei documenti erano provvidenzialmente scivolati fuori dalla tasca del mio gilet azzurro peloso e si erano, fortunatamente, consegnati alle autorità, che li avevano fatti rinchiudere in una cella di sicurezza in attesa di giudizio.
Le successive due notti furono un vero spasso.
Juan non era stato avvisato con il fine di potergli fare una sorpresa.
Cosa avevamo escogitato? Il piano era far in modo che Juan con una scusa arrivasse a Sol, di fronte all'orologio della piazza, di modo da poter spuntare di fronte a lui e coglierlo di sorpresa. Lo stratagemma funzionò alla perfezione, se non per l'attesa incalcolata di quasi un'ora, in cui io e Veronica abbiamo avuto tutto il tempo di congelarci nascoste dietro il chiosco del giornalaio lì accanto.
La vacanza continuò, fra una passeggiata e l'altra, un supermercato e l'altro e l'immancabile tappa serale al Casinò. Del resto continuavamo a vincere abbastanza per non pensare di tornarci! Che bellezza!
Madrid non ci ha stancati affatto e l'ultimo appartamento in affitto della vacanza è stato proprio in piazza a Sol. Le vincite al Casinò sono state moooolto utili!
Abbiamo trovato i nostri posticini speciali, fra cui il Primark, i pub Jungle pub dove abbiamo conosciuto un barman italiano con cui abbiamo fatto amicizia, e l'indimenticabile Wok to Walk.
 
							Giorno 8 Novembre 2019
Arrivò il momento dei saluti, e stavolta fu triste separarsi, ma a quel punto sapevamo entrambi che ci saremmo rivisti, che sarei tornata a Madrid per stare insieme.
Così avvenne. Durante i tre mesi in cui lavorai a Malta avvenne altre 4 volte. Alloggiavamo in piccoli appartamenti per un week end e poi io riprendevo l'aereo dell'ultimo minuto, arrivando sul posto di lavoro a Malta con tutta la valigia. Dormivamo in aereoporto, consumavamo le suole per i parchi e i negozi di Madrid senza stancarci e sperando che le ore non volassero così velocemente come la volta precedente. Ma volavano eccome! Durante la mia permanenza a Malta ci tenevamo sempre in costante contatto con messaggi e video-chats e giorno dopo giorno stavamo panificando senza accorgercene tutto il nostro tempo assieme e poco dopo anche tutto il nostro futuro.
Per Juan fu molto duro cercare di rimanere a Madrid, per il clima freddo a cui non si era ancora abituato e per lo sconforto derivante dalle difficoltà burocratiche per trovare un lavoro. Ma ci siamo dati coraggio, abbiamo resistito e abbiamo sempre contato i giorni per poter stare insieme e vivere felici.
Appena arrivata a Malta mi misi per direttissima a cercare lavoro a Madrid, inviando curriculum a tutte le spa della città, e dopo poco una compagnia di SPA mi rispose chiedendomi un colloquio e una sessione di prova dal vivo, che riuscii tranquillamente ad inserire in uno dei miei successivi viaggi per andare a trovare Juan.
A Febbraio mi sono finalmente licenziata dal mio estenuante lavoro a Malta, (anche se la SPA era davvero molto bella) e terminato due traslochi, ovvero quello da Malta e quello dalla mia stanza di Catania che avevo mantenuto in affitto.
Non ebbi il tempo di salutare praticamente nessuno dei miei amici o parenti a Siracusa e dopo pochissime settimane mi ritrovai a Madrid con Juan.
Iniziò subito il periodo dei problemi burocratici per regolarizzare la nostra vita all'estero. Madrid funziona molto bene dal punto di vista sanitario e dal punto di vista legale è molto ben disciplinata. Motivo per cui per ottenere un appuntamento bisogna prendere un altro appuntamento. Le tempistiche per realizzare qualsiasi cosa sono state pertanto da salasso.
Per affittare l'appartamento dove viviamo adesso ci sono voluti mesi e nel frattempo ci siamo visti costretti ad affittare stanze in famiglia con Booking e ostelli vari.
A stare fuori casa tutto il giorno fra un parco e l'altro per poi salutarci la sera e separarci sotto un portone. Io andavo in ostello e lui ritornava al suo posto letto in affitto.
Abbiamo lottato contro la lontananza, le notti insieme in aeroporto in attesa dei miei voli di ritorno, le truffe del settore immobiliare online, un rumeno assassino per il quale Juan avrebbe potuto lasciarci le penne, le temperature, gli spazi stretti, le valige, le scomodità e lo stress fino a Maggio.
Dopo finalmente tutto cambiò e, al momento in cui scrivo, possiamo dire di essere serenamente accomodati in un'accogliente appartamento a Madrid. In una zona ben fornita e comunicata a pochi spostamenti dal centro. Con tutti i servizi di metro e autobus sotto casa e due centri commerciali a pochi passi. Che altro dire.... SIAMO FELICI.
 
             
             
             
             
             
            
Una storia avvincente, due sorrisi accattivanti, disavventure e imprevisti che ti tengono con il fiato sospeso. Non puoi abbandonare … devi continuare la lettura, anche se sai già come va a finire. 🥂🍾
Una verdadera historia de amor…perece un cuento de hadas…Dios los bendiga